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Ricerca Scientifica

I disordini cognitivi (in ambiti singoli o combinati: deficit di memoria a breve termine e di episodi recenti; difficoltà nell’uso del linguaggio; errori di riconoscimento; disorientamento temporo-spaziale; difficoltà o incapacità nella strategia, organizzazione, esecuzione di movimenti complessi; disordini del comportamento) riguardano circa il 10% della popolazione ultrasessantacinquenne

I disordini cognitivi (in ambiti singoli o combinati: deficit di memoria a breve termine e di episodi recenti; difficoltà nell’uso del linguaggio; errori di riconoscimento; disorientamento temporo-spaziale; difficoltà o incapacità nella strategia, organizzazione, esecuzione di movimenti complessi; disordini del comportamento) riguardano circa il 10% della popolazione ultrasessantacinquenne. La funzionalità quotidiana può non essere compromessa (disordine cognitivo lieve o MCI; circa 2.5 % degli ultrasessantacinquenni) o essere compromessa (disordine cognitivo maggiore o demenza; circa 7% degli ultrasessantacinquenni). Nell’arco di 5 anni 1/3 dei MCI può regredire, 1/3 rimane stabile, 1/3 peggiora evolvendo in demenza; la presenza di MCI comporta un maggiore rischio di mortalità. Lo sviluppo del disordine cognitivo maggiore o demenza cresce esponenzialmente con l’età, da meno di 1% tra i 60-65 anni a oltre 20-40 % negli ultranovantenni. Sia il MCI che la demenza sono sotto diagnosticati e sotto trattati, nell’erronea convinzione che i sintomi facciano parte dell’invecchiamento cerebrale normale oppure che non vi siano interventi terapeutici significativi.


La diagnosi e la precocità della diagnosi sono cruciali.

La diagnosi differenziale si fonda su un complesso percorso clinico, di laboratorio, di neuropsicologia clinica e, in funzione delle singole forme, di neuro immagine con TAC, Risonanza Magnetica, SPECT quantitativa e PET con radio farmaci specifici. Circa 8-9% dei casi è indotto da cause potenzialmente reversibili se tempestivamente riconosciute e trattate (demenze “secondarie”). Tra le demenze “primarie”, oltre il 60% dei casi è indotto dalla Malattia di Alzheimer, per la quale possono essere impiegati farmaci che ne ritardano la progressione, maggiormente se precocemente impiegati; circa 15% dai casi è causato dalla Malattia a Corpi di Lewy (o rappresenta la complicazione a lungo termine con demenza in pazienti con Malattia di Parkinson) parzialmente rispondente a specifiche terapie sintomatiche; circa il 10% dei casi ha una causa vascolare ed una concausa vascolare può essere presente in un’alta percentuale di pazienti con Malattia di Alzheimer e Demenza a Corpi di Lewy: la correzione dei fattori di rischio vascolare (in particolare l’ipertensione) rallentala gravità del decorso; circa il 5 % ha una forma di Demenza Fronto-Temporale, nella quale sono necessarie terapie sintomatiche; 1-2% dei casi può avere ulteriori cause, anche con progressione rapida.


I meccanismi che causano le demenze primarie sono molto complessi, solo in parte, e soltanto per alcune forme, conosciuti. In particolare, nella Malattia di Alzheimer interagiscono suscettibilità genetica, fattori ambientali ed abitudini di vita, esperienze cognitive (riserva cognitiva fornita dall’istruzione) ed emotive (esposizione allo stress; episodi di depressione maggiore) pregresse.
Dati recenti dimostrano che terapie non farmacologiche possono migliorare alcuni sintomi cognitivi.
L’attività fisica moderata effettuata con esercizi combinati.
Attività prassiche, tra cui l’orticultura, la cucina, i lavori domestici e vari impegni ricreativi attivi o sensoriali.
La musica, individualizzata e sia ascoltata, sia cantata o suonata o seguita nel ritmo.
Nonostante fino al corrente decennio la stragrande maggioranza delle risorse tecnologiche e di ricerca scientifica sia stata rivolta alla ricerca della terapia farmacologica, sono attualmente divenite oggetto di studio e di iniziale applicazione anche le combinazioni tra protocolli di attività fisica, attività prassiche, musicoterapia, finalizzate a conseguire il migliore risultato comportamentale nelle singole forme cliniche e nei singoli pazienti.
Gli interventi non farmacologici riabilitativi e cognitivo-comportamentali nelle demenze non solo sono supportati da studi sperimentali ma traducono in pratica l’etica del rapporto di cura con il malato, con il mantenimento, adeguato alle sue capacità, delle attività relazionali e di vita quotidiana, interrompendo l’isolamento, l’inattività e lo stress che intrinsecamente la demenza induce.


L’ambiente adeguato, la competenza degli operatori e la formulazione di programmi, da monitorare e valutare, costituiscono le premesse per un nuovo approccio efficace ed etico alla sola terapia farmacologica delle demenze.


La rivalutazione della diagnosi in base a criteri internazionali, la revisione della terapia farmacologica appropriata, anche in funzione di eventuali comorbilità, e l’approccio terapeutico riabilitativo, motorio cognitivo e comportamentale sono disponibili nell’ambito delle attività sanitarie espletate presso “Villa Anita”, Terlizzi (BA).

Approfondimenti

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Terapie non Farmacologiche nella Demenza

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Disturbo Neurocognitivo Maggiore (Demenza) e Medicina Generale. Studio Pilota

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Current Challenges in the Diagnosis of Progressive Neurocognitive Disorders

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Il ruolo dei Biomarcatori nella diagnosi precoce della Malattia di Alzheimer

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